martedì 15 luglio 2008

Ritornare a Marx

Ovviamente è solo un titolo ad effetto. Non si tratta di ritornare a niente, meglio invece guardare avanti per poter andare avanti.
Il titolo più correttamente si riferisce a qualcosa da recuperare di un discorso, qualcosa che sta avanti, anzi molto avanti tantè che è ancora inattuato: l'apologia radicale, irriducibile e senza compromessi del valore della relazione umana su ogni esigenza anche apparentemente realistica.
L'esperienza del comunismo reale è stata una esperienza che giustamente è stata definita una tragedia. Solo chi non vuole vedere può negarlo.
Nell'iniziare questo post mi preme innanzitutto rendere onore alle vittime del comunismo reale: a tutte, anche agli stessi comunisti rimasti vittime del comunismo reale, e sono tanti.
Noi sappiamo e non dimentichiamo!
Tuttavia c'è in Marx ed Engels la sottolineatura dell'importanza della socialità quale vera essenza dell'umanità. Anche questo non si può cancellare e non si può dimenticare: l'immolazione quotidiana dell'istinto relazionale sull'altare della produttività insensata, della logica obsoleta del profitto e della proprietà privata.
Questa non è una banalità per chi ha orecchie da intendere.
Dire che il bisogno di socialità è la vera natura umana significa sottolineare come non mai l'importanza della relazione.
Ed è questo a mio parere che non si deve buttare via dell'insegnamento di Marx-Engels e dei movimenti storici che questa lettura hanno fatto propria.
Chi è che oggi dopo lo smacheramento del volto barbarico del comunismo reale già negli anni 30 e ancor di più nel primo dopoguerra e poi dopo la caduta del muro di berlino nel 1989 si fa sostenitore del programma di liberazione dell'essenza relazionale della natura umana contro ogni alienazione che sia proprietaria o apologetica di un produttivismo insensato?
A mio modesto parere sulle barricate a battersi eroicamente ma anche intelligentemente su questo fronte è rimasto solo il movimento psicoanalitico internazionale i cui pionieri che l'hanno concepito (aiutati in questo certamente dall'alto...) due medici uno di origini ebraiche, Freud era figlio di un rabbino e l'altro Jung era figlio di un prete protestante, l'ha lanciato, potremmo anche dire sguinzagliato, nella concretezza della realtà storica a salvaguardare il culto religioso della relazione contro tutto e contro tutti sì che la chiesa è lì dove si svolge il sacrificio dell'immediatezza pulsionale all'interno della relazione psicoanalitica quale nuovo luogo sacro nel sacro silenzio dove nasce la parola d'amore sempre nuova che canta l'amore infinito di Dio per Dio, quale luogo di produzione di amore alla faccia di quelli che vanno in giro a raccontare che i luoghi di produzione sono solo le aziende dove si producono le merci.
Sacrificio dell'immediatezza pulsionale che ricorda il sacrificio della messa, quale vera celebrazione e non semplice ritualità della cena del Rabbi di Nazareth e del suo inno alla nuova socialità che egli incarnava e che egli cantava insieme alla comunità dei suoi amici di percorso spirituale: Maria, Giacomo Giovanni...e gli altri i cui nomi sono meno conosciuti ai più.
E anche questo ultimo ma necessario sacrificio presto non avrà più ragion d'essere allorchè si sarà dissolta una volta per tutta quella fantasia inconscia legata ad ogni identità egoriferita e antroporiferita che il sistema alienato e alienante nutre con la sua massiccia dose di pubblicità quotidiana: la fantasia che poi esprime solo ignoranza, di poter trovare una soddisfacente realizzazione in altro che non sia la semplice relazione, la semplice e pura socialità senza altri orpelli di qualsiasi sorta.
E così anche la visione evoluzionistica nata dalle scienze naturali si invera nel concepimento di un nuovo Regno, dopo i regni minerale, vegetale e animale. Nuovo Regno della natura il cui avvento è in atto e si appprossima giorno dopo giorno e al cui confronto l'ormai obsoleto programma rivoluzionario comunista appare non più come un programma massimo ma piuttosto come un programma minimo fatto apposta per chi si accontenta di poco e non è capace di sognare in grande. In questo senso rivendichiamo di essere i veri continuatori ed eredi dell'ultima ondata di slanci rivoluzionari entusiastici, quella originatisi negli anni sessanta negli USA e poi nel maggio del 1968 a Parigi che rivendicavano "l'immaginazione al Potere" o che riesumavano "la potenza del sogno" delle Avanguardie Artistiche Storiche e non temiamo più l'accusa di anarchismo e di ribellismo irresponsabile alla civiltà essendo la disciplina finalizzata alla sola salvaguardia dello spazio-tempo relazionale il nostro forte.
Voltiamo pagina questo sì ma l'emancipazione della relazione da ogni mercificazione e strumentalizzazione rimane all'ordine del giorno del programma rivoluzionario in direzione della vera libertà che come disse Engels è solo la coscienza della necessità e l'emancipazione della relazione è una necessità che diventa sempre più necessità così è una necessità sempre più impellente la vera socialità e la vera creatività.
Non c'è da meravigliarsi quindi che quel che resta ancora di vivente del discorso elaborato dal duo di allievi di Hegel (colui che ha visto la dialettica del Pensiero) Marx ed Engels costituitisi in Partito-Scienza (Scienza come Prassi quindi) lo si ritrova anche prima di loro poichè la rivoluzione è in marcia a partire dal momento in cui nasce l'essere sociale umano.
Hegel vedeva l'alienazione come connaturata alla dinamica del pensiero stesso e in questo la psicoanalisi che ha riscoperto la dialettica del Pensiero e anche la dialettica della natura, nella Proiezione-Trasfert e nella Rimozione e nella dinamica edipica prodotta dal tabù universale dell'incesto gli ha dato ragione ma Hegel non coglieva il significato della proprietà nel fenomeno dell'alienazione per questo riteneva fosse la dialettica infinita. E per questo il suo averla fatta finire con la suprema sintesi statale è stato un puro atto di pensiero artificioso: una vera rimozione dell'altra dialettica, la dialettica della natura che misconosce lo Stato essendo essa la Donna, l'altro Dio.
Forse un tempo servivano le chiese: le chiese ebraiche, cristiane, cattoliche e anche comuniste e forse anche le chiese psicoanalitiche suddivise in freudiani, junghiani eccetera...oggi però a ben vedere risultano anche queste ultime obsolete e se hanno svolto in passato una loro funzione evolutiva come del resto la proprietà stessa e la borghesia e le classi sociali, capitalismo compreso, oggi ad avere una qualche significatività evolutiva ci sono solo coloro che sono pronti a morire sulla croce per salvaguardare la sacralità della relazione ma anche a godere del potente senso di significatività esistenziale e ontologica che l'ultima messa come l'ultima cena offre a coloro che si riconoscono fatti della stessa unica sostanza che li consustanzia appunto: il Pensiero Vivente, il Vero Logos, la Relazione appunto.
Così 2000 anni fa un ebreo che tra gli ebrei del tempo era un vero innovatore, ritenendosi a ragione Figlio del Pensiero così si rivolgeva a Dio suo Padre, il Pensiero.
"Ut Unun Sint": come tu sei me ed io sono te che anch'essi che tu mi hai dato siano una cosa sola in noi.

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